domenica diciassettesima del tempo ordinario
Gesù si trovava in un luogo a pregare; quando ebbe finito, uno dei suoi discepoli gli disse: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli». Ed egli disse loro: «Quando pregate, dite:
“Padre, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno; dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano,
e perdona a noi i nostri peccati, anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro debitore, e non abbandonarci alla tentazione”». Poi disse loro: «Se uno di voi ha un amico e a mezzanotte va da lui a dirgli: “Amico, prestami tre pani, perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da offrirgli”; e se quello dall’interno gli risponde: “Non m’importunare, la porta è già chiusa, io e i miei bambini siamo a letto, non posso alzarmi per darti i pani”, vi dico che, anche se non si alzerà a darglieli perché è suo amico, almeno per la sua invadenza si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono. Ebbene, io vi dico: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chiunque chiede riceve e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto.
Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pesce, gli darà una serpe al posto del pesce? O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!» (Lc 1, 1-13).
Luca, medico e discepolo di Paolo, apre il suo Vangelo con un prologo in stile greco-letterario. Si presenta come un autore serio e attento, che ha fatto ricerche accurate, non per semplice cronaca, ma per confermare la fede di Teofilo (e di ogni lettore). Il Vangelo non è leggenda: è storia incarnata, trasmessa da testimoni oculari. La fede cristiana poggia su una memoria condivisa, concreta, documentabile. Il destinatario, Teofilo (“amico di Dio” o “amato da Dio”), può essere una persona reale o simbolo di ogni credente. Il messaggio è chiaro: la fede ha fondamenta solide. Zaccaria ed Elisabetta sono figura di Israele: fedeli, osservanti, ma in attesa di una promessa non ancora compiuta. La loro sterilità richiama le grandi madri dell’Antico Testamento (Sara, Rebecca, Anna), preparando l’annuncio di una nascita che sarà segno della misericordia di Dio. Essere “giusti” non significa avere una vita facile. Anche i giusti conoscono l’attesa, la frustrazione, il silenzio di Dio. Ma Dio non dimentica. Zaccaria entra nel luogo santo del Tempio per offrire l’incenso: è un gesto liturgico, simbolo della preghiera che sale a Dio. In quel momento il popolo prega fuori, unito in attesa. La liturgia, se vissuta con fede, è spazio in cui il Cielo si apre. Il cuore dell’uomo e il cuore di Dio si incontrano. L’apparizione dell’angelo è segno dell’irruzione di Dio nella storia. Zaccaria, come tutti nella Bibbia, si spaventa: non perché Dio sia minaccioso, ma perché la sua presenza scuote, interpella, rompe le abitudini. L’esperienza di Dio è sempre un evento che toglie la paura, ma mai l’inquietudine. È luce che penetra nell’oscurità, ma ci invita a cambiare. La prima parola dell’angelo è un invito a non temere: è lo stile di Dio quando si rivela. La seconda è una buona notizia: la preghiera, forse ormai dimenticata dallo stesso Zaccaria, è stata ascoltata. Il figlio si chiamerà Giovanni, cioè “Dio è misericordioso”. Questo brano introduce la grande narrazione lucana della salvezza. La storia personale di Zaccaria si intreccia con la storia della salvezza. Il Dio che interviene non salta la storia, ma entra nelle sue pieghe più umane: l’attesa, la sterilità, il culto, la preghiera. L’annuncio dell’angelo non è solo una notizia, ma l’inizio del compimento delle promesse (Don Gian Franco Poli).