- martedì della quinta settimana di pasqua
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore. Avete udito che vi ho detto: “Vado e tornerò da voi”. Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me. Ve l’ho detto ora, prima che avvenga, perché, quando avverrà, voi crediate.
Non parlerò più a lungo con voi, perché viene il prìncipe del mondo; contro di me non può nulla, ma bisogna che il mondo sappia che io amo il Padre, e come il Padre mi ha comandato, così io agisco» (Gv 14, 27-21).
La “pace” che Gesù dona non è semplice assenza di guerra o tranquillità psicologica. È la pienezza del bene, uno stato di comunione con Dio che il mondo non può dare. È dono dello Spirito e frutto della fede. Questa pace permette di non lasciarsi turbare o impaurire, anche di fronte alla croce. Gesù prepara i discepoli alla sua partenza. La sua “andata” al Padre è motivo di gioia, non di tristezza, perché segna il compimento della sua missione e l’inizio di una nuova forma di presenza.
Gesù annuncia ciò che sta per accadere (la passione e la morte) per rafforzare la fede dei discepoli. Quando vedranno gli eventi dolorosi, potranno ricordare le sue parole e credere Si riferisce al diavolo, che sembra prevalere nella passione di Cristo. Ma Gesù afferma chiaramente che non ha potere su di lui: egli si consegna liberamente per amore del Padre. L’atto supremo dell’amore di Gesù verso il Padre è la sua obbedienza fino alla morte. In questa obbedienza si rivela l’amore trinitario e si compie la redenzione (Don Gian Franco Poli).